INTORNO A NOI di Gulliver
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil INTORNO A NOI di Gulliver

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LA MALATTIA E LA RIVOLUZIONE

JAMA, una delle riviste mediche più lette al mondo, il mese scorso ha dedicato alla solitudine un articolo stimolante, dal titolo inequivocabile: la solitudine può essere un killer, ma qual è il modo migliore per proteggersi? La scelta non deve sorprendere più di tanto. Ormai sono tante le pubblicazioni che da un po’ vanno dicendo più o meno le stesse cose: la solitudine – intesa come spiacevole emozione di sentirsi soli, in contrasto coi propri bisogni e le proprie aspettative - rappresenta socialmente una grave minaccia per la salute correlandosi con un più alto rischio di morte precoce. Ad essa si associano spesso disturbi rilevanti come malattie cardiovascolari, ictus, insonnia, Alzheimer e tutta una serie di problemi psichiatrici più o meno invalidanti, in particolari le sindromi ansioso-depressive. Malgrado evidenze così forti, in campo medico-sanitario la consapevolezza del problema è del tutto insufficiente, così come l’impegno nel campo della formazione del personale sanitario. La cosa è tanto più sconcertante se pensiamo ai costi socio-sanitari enormi dell’attuale situazione palesemente fuori controllo. Sul piano delle soluzioni c’è consenso circa la necessità di accrescere la connessione sociale e l’OMS considera le reti di supporto sociale un vero e proprio “determinante della salute”: quando mancano, questo è il punto, ci sia ammala di più. Ciò detto, le soluzioni che intuitivamente pensiamo migliori – ad esempio l’assistenza offerta dalle associazioni non profit sul territorio – non hanno dato finora grandi risultati, meglio può fare forse – sempre nel territorio - il lavoro con piccoli gruppi guidati da educatori preparati. Di solitudine si occupa spesso sul suo blog Richard Smith che ha diretto per molti anni il British Medical Journal, altra rivista tra le più lette. Per Smith la solitudine è, senza mezzi termini, “la malattia” dei nostri giorni e la medicina moderna che - allungando a dismisura le aspettative di vita ha contribuito non poco ad accrescere il numero di anziani invalidi e isolati – non ha sue proprie specifiche soluzioni efficaci da proporre: non le tecnologie, non i farmaci, non le ospedalizzazioni coatte. Guai se le avesse. Occorre piuttosto impegnarsi per una società che si prenda cura dei soggetti a rischio e lo faccia per tempo. Per questo viene da pensare che il volontariato – se non riesce sempre e comunque ad aiutare chi è già afflitto da solitudine – può aiutare prima e meglio proprio chi il volontario lo fa: se dai agli altri qualcosa di te, migliori la tua propria vita, la tua salute, il tuo umore. Questa è la speranza, la sfida. Sull’ultima newsletter del Pensiero Scientifico Editore si legge una bella frase: prendersi cura degli altri è oggi la vera rivoluzione. L’ha scritta una giornalista canadese che non mi era gran che simpatica. In un battibaleno ho cambiato idea.