BARBERSHOP di Atticus
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil BARBERSHOP di Atticus

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IL CONTO

La musica (o la solfa) è sempre quella. Sirene noiose la ripetono come niente fosse: in sanità servono i privati (cliniche, laboratori, ambulatori) altrimenti i servizi pubblici vanno a bagno. Ma scusate l’impertinenza: chi aiuta chi? Loro noi o viceversa? Guardando ai privati, infatti, la scenetta a cui assistiamo da anni è un’altra: appena nati, fateci caso, cercano avidamente le poppe della mamma (leggi: convenzioni col SSN), ma una volta grandi e grossi vogliono addirittura venderle anche il latte! Bella gratitudine! I privati non sono il demonio, certo – ha ragione l’Assessore regionale alla Sanità – ma, dopo aver tagliato a tutto spiano, dare via libera alle convenzioni è la risposta migliore? Non è per sempre, dicono, soltanto per i prossimi mesi, però i mesi raddoppiano come niente, come le puntate alla roulette ed è inevitabile, se non si fa niente per superare o almeno mitigare leggi e decreti che ostacolano assunzioni, incentivi ecc. Gli amministratori locali piangono: siamo costretti a bussare ai privati perché ci sono norme che ci legano le mani. Dimenticando che quei legacci sono stati voluti e votati dai loro stessi partiti: come si spiega la cosa? Non si parlano tra di loro? C’è conflitto o combutta? Le recenti inchieste di Report- Rai 3 sulla sanità in Lombardia, Liguria e Sicilia suscitano brutti sospetti al riguardo: quali progetti e interessi vengono privilegiati? Apparentemente i grandi gruppi privati hanno (o fingono di avere) risorse e capacità per sopperire alle difficoltà di una sanità pubblica da anni depotenziata. Sanno muoversi bene nei meandri della politica quando si tratta di negoziare contratti e convenzioni. Alla fine, grazie a Dio, un accordo si trova sempre con loro avendo smisurato spirito di sacrificio: per una manciata di milioni di euro, rinnovabili, ti garantiscono tutto quello che vuoi, anche la cura del cancro in due o tre anni, e gestiscono persino gli ospedali pubblici se occorre, magari ricorrendo al lavoro occasionale di gente che costa un occhio, ma quando ci vuole ci vuole. Anche se tutto questo si chiama (volendo fare i pignoli) “profit”, alla fine dovremo anche dirgli “grazie”. Continuando così, però – tagli da una parte e convenzioni a gogò dall’altra -  quanto si riuscirà a investire nella medicina territoriale, nel personale, nella ricerca e via di seguito? Se l’aritmetica non è un’opinione e le limitate risorse prendono altre strade per colpa di un’emergenza che non finisce mai, come si esce dal circolo vizioso? Il futuro andrebbe costruito con coerenza e buone collaborazioni, altrimenti te lo sogni e le cose si complicano. Servirebbero intelligenza e competenza. Invece, tra una scusa e l’altra, si preferisce vivacchiare. Ma chi pagherà il conto, alla fine?