INTORNO A NOI di Gulliver
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil INTORNO A NOI di Gulliver

INTORNO A NOI di Gulliver

QUELLA COSA LÌ

La felicità è una di quelle parole che andrebbe usata con prudenza. Meglio, con circospezione. Forse, addirittura, con diffidenza. Troppo scivolosa, quella cosa lì. E sfuggente.  Chi può dire di averla agguantata mai? E poi, forse, è persino sconveniente parlarne sotto l’ombrellone di agosto, quando l’afa ti toglie il respiro e nemmeno il cornetto Freedom (l’ultimo avanzato di quella serie strombazzata - che idea! – come limitata) garantisce quel minimo di refrigerio che tanto vorresti. No, è una parola davvero scottante e perciò, viste anche le temperature vigenti, anche fuori luogo. Ma se, nonostante tutto, stando sotto quello stesso ombrellone che, poveraccio, fa  quel che può, si volesse leggiucchiare, senza impegno, qualcosa di speciale consiglierei un libretto dal titolo intrigante: “Cosa c’entra la felicità?” di Marco Balzano. Il quale nella vita fa un sacco di cose, compreso insegnare e sa scrivere narrativa e saggi senza spaventare nessuno, con mano leggera, ma senza troppo appiattirsi, essendo colto e intelligente come si deve. Beh, in quel piacevolissimo volumetto parla di felicità in modo diverso da come hanno fatto innumerevoli filosofi, psicologi, profeti e sapienti di ogni latitudine in migliaia di anni. Ne parla e ne scrive, infatti, partendo dall’etimologia delle parole stesse che greci antichi, latini, ebrei e anglosassoni hanno usato e usano per indicare questa strana, ipotetica condizione di vita. Così indagando curiosamente su storia, significati e intimità delle parole escono fuori un sacco di cose interessanti, piacevoli e davvero utili. Viene fuori, in soldoni, che la felicità, qualunque cosa sia, richiede buoni relazioni con gli altri. Si possono avere lavoro, denaro, successo e, naturalmente, salute, ma non si è felici da soli, questa è la verità, nemmeno spaparanzati sotto l’ombrellone col cornetto Freedom tra i denti. Non occorre aggiungere altro, se non che le buone relazioni sociali (da non confondere, per favore, col concetto abusato e fuorviante di “connessioni”) sono l’ingrediente decisivo di una vita felice e duratura anche secondo il più lungo studio mai condotto sull’argomento: secondo i ricercatori dell’Università di Harvard - che dal 1938, avvicendandosi, seguono e analizzano il comportamento di 724 uomini e di oltre 1300 dei loro discendenti nel corso di tre generazioni - niente conta di più della qualità dei legami. Non sembrano esserci dubbi al proposito: la solitudine – l’hanno detto altri scienziati - può essere letale come il tabacco e l’alcool. Semmai la domanda apparentemente irrisolta è un’altra:  la qualità dei rapporti da cosa deriva? Qui a venirci incontro non è Harvard, ma il buon vecchio Buddha il quale una risposta di carattere generale la propose per primo venticinque secoli fa e noi, distratti come siamo,  ce la siamo sciroppata: sfrondate le mille e più implicazioni della faccenda, ciò che conta alla fine è la forma della mente. E’ lei a ostacolarli o a  favorirli, i rapporti, sempre e comunque. A pensarci bene, allora, dev’essere  per questo che al Bar Sport il mio amico Mario, che pure non è buddista, dice sempre che la felicità è un fatto di testa. Per concludere,  cosa possiamo dire? Che se quella cosa lì, la felicità, ci interessa sul serio, la via da seguire è una soltanto, poche lagne: meditiamo e, senza perdere altro tempo, abbracciamoci.

P.S. Nel caso la meditazione agisse a rilento, sempre il mio amico Mario - laico impenitente - dice che uno Spritz ben fatto può sciogliere la mente e favorire gli abbracci quasi allo stesso modo. E non solo ad agosto, dice lui. Sarà?