LA META’ PIENA di Atticus
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil LA META’ PIENA di Atticus

LA META’ PIENA di Atticus

RITI, PER FAVORE

Fare la grande spesa il sabato tra pacchetti e pacchettini, conserve e patate, le cose dimenticate e quelle inutili, quello che ti suona perché vuole il tuo parcheggio e quell’altra che s’arrabbia perché (così dice) c’era prima lei ecc. non è solo una necessità (o una condanna) è un rito. Passeggiare ogni tanto al Porto Antico senza dover fare nulla di speciale se non tenersi per mano è un rito. Mangiarsi una pizza coi colleghi di lavoro o gli amici del circolo o i cugini che ora lavorano lontano è un rito. Tagliare una fetta di panettone accanto all’albero (quest’anno è più bello grazie ai tondi coloratissimi del CoL) per condividerla con parenti e amici e quelli dell’ultimo momento che non sapevano con chi stare (quando eravamo piccoli e piccole erano le risorse, succedeva spesso) è un rito, per quanto banale, superato, noioso o addirittura ipocrita possa sembrare a qualcuno (peggio per lui!). Fare il giro in corsia presentandosi e stringendo la mano ai malati, ascoltandoli il tempo necessario, è un rito: qualcuno penserà alla fantascienza, ma conosco posti dove si fa così. Partecipare al funerale di un parente o un conoscente, scegliendo il silenzio e qualche utile pensiero sulla vita, le relazioni, il tempo è, senza ombra di dubbio, un rito (non importa se non mancano quelli che, approfittando dell’occasione, ciarlano sulle prossime vacanze o s’aggiornano sul lavoro di Tizio o Caio). E’ irrituale, invece, se a quello stesso funerale un medico di famiglia prendendo la parola per ricordare il defunto (curato per lunghi anni) non si trattiene e comincia a piangere e nessuno se l’aspettava: non sarebbe bello se avvenisse ogni tanto diventando quasi un rito? E anche andare allo stadio coi colori giusti e la giusta gradinata per spronare la squadra del cuore è un rito. Come baciare un figlio, stringere una mano, fare volontariato, bighellonare tra i libri di Feltrinelli, comprare l’ultimo cofanetto di Zucchero, sorseggiare il primo caffè del mattino. Tutte queste cose qui, anche se non ci pensiamo mai, sono riti. Gli psicologici spiegano quante cose ci siano dietro: identità, autostima, consuetudini ecc. Qui mi pare si possa dire, molto semplicemente - e non perché è Natale e qualcosa di buono ( o melenso) si deve pur scrivere – che è proprio grazie ai riti che siamo, ci sentiamo e viviamo meno soli.