FUMO NEGLI OCCHI: PROFITTI E PROFITTATORI
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil FUMO NEGLI OCCHI: PROFITTI E PROFITTATORI

FUMO NEGLI OCCHI: PROFITTI E PROFITTATORI

Nemmeno i venditori di fumo sono scemi: il fumo lo vendono agli altri, ma nessuna fumosità a se stessi. Vendono fumo anche quando piangono miseria, lamentando le pesanti limitazioni che devono subire almeno in certi Paesi. In realtà per le cinque grandi Multinazionali (il cartello soprannominato Big Tobacco) che si spartiscono come belve il mercato mondiale del tabacco i profitti vanno a gonfie vele e lo sanno benissimo. E benissimo si muovono loro al fine di raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi. In effetti anche se il numero di sigarette vendute nel mondo è un po’ sceso il fatturato – facendo i conti dal 2001 - è ben cresciuto da 350 a 700 miliardi di dollari. Big Tobacco si pappa l’84% delle vendite globali, di cui la metà circa è in mano alla Cina il cui mostro statale si chiama China National Tobacco. Comunque anche in Paesi, come gli Stati Uniti, dove ci sono restrizioni, tasse, risarcimenti miliardari decise dai tribunali, pubblica esecrazione per i “peccatori” (che non sanno pentirsi della nicotina) gli affari vanno alla grande: negli ultimi 15 anni la vendita di king size è crollata del 37%, ma il fatturato è salito del 32%. Come gli è riuscito il miracolo? Aumentando il costo del pacchetto (raddoppiato dal 2001) e riuscendo con azioni spesso illecite a “condizionare” il mondo politico e a mantenere mediamente bassa (rispetto agli standard europei) la tassazione. Il risultato finale è che gli americani spendono oggi in sigarette più di quanto facciano in bibite e birra. Il mercato del futuro resta comunque il Terzo Mondo dove, a dire il vero, le cose già oggi non vanno malaccio e si può vendere ogni tipo di tabacco (anche quello per noi di scarto) a tutti quanti, bambini e donne gravide comprese: è il Far West del terzo millennio dove, fra l’altro, alcuni Stati sopravvivono grazie alla produzione di tabacco. Le conseguenze di questa politica commerciale criminale sono prevedibili: là dove ancora si muore di denutrizione e malattie infettive, tra non molto si morirà di obesità e cancro. Lasciando stare i condizionamenti del mondo scientifico e dei mass media, va detto che nel marketing in senso stretto si investono cifre enormi, con tattiche differenti a seconda della legalità o meno della pubblicità manifesta: dove non si può dire che il fumo produce appeal, ricchezza e status symbol, basta utilizzare efficaci sotterfugi tipo organizzare concerti o eventi sportivi, inventarsi linee di abbigliamento o piazzare il pacchetto giusto nel film più visto del momento. In Cina le scuole e i parchi giochi vengono intestati a marchi di sigarette. Da noi questo non si può fare (ci mancherebbe altro), in compenso però abbiamo The Young Pope di Sorrentino che in TV emana coraggiosa modernità fumando a tutto spiano o Vecchioni che mantiene visibilità col sigaro ancora aitante (sic!). Quanto alle sigarette elettroniche e ai dispositivi che scaldano il tabacco senza bruciarlo – su cui Big Tobacco investe a beneficio dei salutisti - si potrebbe scrivere molto: qui basti dire che, pur avendo minore pericolosità, non sono privi di tossicità e non liberano dal fumo tradizionale, forse a volte possono funzionare da “apri pista”. Come che sia, sembra che ci vogliano sempre in pista, insomma. Coatti, ma in pista. O come roditori in gabbia che non sanno più fermarsi o forse nemmeno vogliono più.