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Si è presentato alla porta della classe 3 mesi fa, un ragazzo molto alto e magro, con due grandi occhi scuri come la sua pelle, una figura elegante vestita all’ occidentale, ma con sopra la t-shirt un gilet che rivela il suo arrivo da una terra lontana, il Senegal.
Dopo due anni di permanenza a Genova dove ha sempre lavorato tra pizzerie e ristoranti come aiuto cuoco, quella mattina ha deciso di iscriversi al corso di italiano per stranieri. Abdou, questo il suo nome, è analfabeta ma riesce a farsi capire e, anche se in modo molto approssimativo, riesce comunque a comunicare. Occorre quindi un volontario che si prenda cura di lui e gli consenta in seguito di inserirsi nella classe. Io mi offro per questa nuova sfida che Abdou ed io affronteremo insieme, entrambi consapevoli della difficoltà, ma animati da un sincero desiderio, lui di apprendere ed io di riuscire ad accompagnarlo con successo in questa per me nuova impresa.
Mi colpisce favorevolmente la sua attenzione e il sincero interesse per ogni cosa che ascolta e soprattutto la sua intelligenza che gli consente di impadronirsi velocemente dei suoni e di copiare con cura le vocali e le consonanti sul suo quadernone a quadretti. È molto preciso, utilizza sempre la gomma per cancellare quei segni che non gli sembrano abbastanza ben scritti e guarda compiaciuto il risultato.
Durante le ore che trascorriamo insieme, comincio a conoscere la sua storia: proviene da un villaggio del Senegal dove viveva con i genitori occupandosi del piccolo campo di famiglia e di condurre al pascolo le mucche.
È giunto seguendo la ormai nota rotta che dal Senegal lo ha portato in autobus fino in Libia da dove poi con una nave ha raggiunto la Sicilia e infine Genova. Non ama soffermarsi sul viaggio e sulle difficoltà incontrate e naturalmente non intendo forzarlo a raccontarmi ricordi che credo il suo inconscio voglia dimenticare.
In città vive in un appartamento con altri quattro ragazzi africani e attualmente lavora come panettiere, dalle 23 alle 5 della mattina.
Malgrado ciò nei giorni di lezione si presenta sempre in orario, con libro, quaderno, matita e l’inseparabile gomma per cancellare, curioso di apprendere sempre cose nuove. Piano piano inizia a scrivere, naturalmente solo in stampatello maiuscolo, e se pur lentamente, anche a leggere. Ogni volta che riesce ad imparare qualcosa di nuovo un contagioso sorriso di felicità gli illumina il viso, come quando ha scoperto l’atlante con le sue carte geografiche e per la prima volta ha saputo dove si trova il Paese dal quale proviene e ha potuto rendersi conto del tragitto fatto per giungere fino a noi. La sua curiosità e la sua intelligenza lo portano sovente a porre domande, come la volta in cui, osservando la carta dell’Africa, mi ha domandato perché gli Stati non hanno tutti le stesse dimensioni. Anche con la scoperta del calendario il suo entusiasmo ha toccato vette impensabili: le settimane, i mesi e il diverso colore che contraddistingue i giorni di festa da quelli lavorativi gli mettono sotto gli occhi quello che dicono di noi gli africani “noi abbiamo il tempo e voi il calendario”.
Ad ogni ora trascorsa insieme cresce la sua curiosità sul nostro modo di vivere, al quale in verità si è già adeguato imparando a rispettarne le regole e consapevole dei propri diritti, inoltre impara a conoscere la città che lo ospita anche attraverso i nomi delle sue vie che adesso che inizia a leggere impara a memoria e sfoggia con orgoglio ogni qualvolta ne ha l’occasione. A mia volta anche io imparo qualcosa sul Senegal, in Africa la vita si svolge in piccoli villaggi di capanne dove la sua famiglia ha a disposizione due stanze da letto, ognuna fornita di un bagno e di un grande soggiorno. Lo incoraggio a farne un disegno e lui dopo essersi schermito e molto imbarazzato ha però esaudito la mia richiesta e dalla sua matita è uscita la pianta della capanna.
Anche se non ha mai disegnato ha messo tutto l’impegno possibile nell’impresa di farmi capire esattamente la disposizione delle stanze, riuscendoci con un risultato più che accettabile e da lui rimirato a lungo con stupore e soddisfazione.
Quando durante la mattinata profondi sbadigli rivelano la fatica del lavoro notturno, è il momento di alleggerire la lezione con piccole conversazioni e l’apprendimento di nuovi vocaboli che arricchiscono il suo modo di esprimersi.
E la mattina del suo 30esimo compleanno, con grande sorpresa ha ricevuto gli auguri da un vivace coro che con diversi accenti internazionali ha intonato un “Buon compleanno”, anche questa una esperienza nuova per lui…in Senegal non si usa fare gli auguri!
Paola Baricchi