LA METÀ PIENA di Atticus
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil LA METÀ PIENA di Atticus

LA METÀ PIENA di Atticus

VA BENE COSÌ

Ci hanno fatto pure un film, anzi due: uno francese di tanti anni fa con la grande Simone Signoret, introvabile, l’altro italiano, recentissimo con l’impeccabile Sofia Loren che ci ha vinto un Donatello. Ma il romanzo, “La vita davanti a sé”, sinceramente, è un’altra cosa, è poesia. Pubblicato da uno scrittore sfuggente e geniale, Romain Gary, nel 1975 sotto pseudonimo, è un monumento della letteratura francese. Racconta la vita, luci e ombre, come la può raccontare un ragazzino arabo di 10 anni o poco più (lui lo saprà più avanti avendo perso i genitori). Momò, così si chiama, vive a Parigi in un quartiere multietnico, nella casa di una ex prostituta ebrea, madame Rosa, già deportata in Germania, che tiene a pensione, se così si può dire, un mucchio di ragazzi figli di prostitute come lui. Momò racconta le vicende della sua vita con ingenuità disarmante e senza peli sulla lingua: dice la sua su tutto e ci fa ridere allegramente e ci fa pure piangere, perché questo fa parte del gioco. La trama non è la cosa più importante, qui, non è una storia arzigogolata nè ricca di colpi di scena o crudeltà d’ogni sorta, niente che sia alla moda, insomma: questo romanzo va letto perché è scritto in stato di grazia, come ha detto qualcuno e la grazia è merce rara. Colpiscono i personaggi a volte davvero memorabili, le immagini buffe e a tratti surreali, le espressioni colorite e spiazzanti, le emozioni fortissime, ma raccontate come se non lo fossero. Se volete sapere di cosa parla il romanzo – ed è anche per questo che ne consiglio la lettura soprattutto durante la pandemia – direi che il suo tema centrale, in qualche modo esemplare, è il prendersi cura, cosa che a modo loro fanno Madame Rosa e Momò e tutta la comunità di strampalati con cui vivono, con normalità e fastidio e tenerezza, con una credibilità umanissima perché in fondo nella vita non  si riesce a essere speciali sempre. Forse per questo, il sorriso (divertito o indulgente che sia) non viene mai meno, anche quando inevitabilmente arriva la malinconia. Alla fine, chiudendo il libro, si resta con un po’ d’incertezza, non sai precisamente cosa dire o cosa pensare, ma sai che, comunque sia,  va bene così.