INTORNO A NOI di Gulliver
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil INTORNO A NOI di Gulliver

INTORNO A NOI di Gulliver

COME SE NIENTE FOSSE

Volevo raccontarvi di quella paziente un po’ triste e di poche parole, ricoverata in Oncologia, che zitta zitta ha regalato una vestaglia di pile, identica alla sua, alla vicina di letto un po’ freddolosa - la quale desiderava tanto una cosa così, calda e graziosa - lasciandoci tutti senza parole (la tenerezza è meravigliosa sempre). E invece vi racconto della Befana, che non ho potuto incontrare perché, tanto per cambiare, quel giorno lì ero in Ospedale e lei lì non ci viene mai. Chiamano da un reparto dedicato ai malati Covid: diversamente dall’ottobre scorso (vedi Atticus - Newsletter 11/2020) questa volta nessuna sorpresa, perché era preannunciato l’obbligo per i medici di guardia come me di rispondere a tutte le chiamate, comprese quelle – udite udite! - dalle corsie coi positivi al Coronavirus. Anche questa volta si tratta di confermare le terapie di malati non gravi provenienti dal Pronto Soccorso: in questo caso sono due anziani di 83 e 92 anni, entrambi fragilissimi, entrambi non vaccinati, nemmeno una dose. Come sempre è una piccola avventura perché vai in un reparto che non è il tuo e devi orientarti tra zone pulite e sporche, svestirti per indossare - secondo un preciso ordine - gli indumenti protettivi, trasformandoti in un palombaro cosparso di gel e alla fine  fare il tuo lavoro urgente, come se niente fosse. Come se niente fosse farei una serie di fesserie se non ci fossero loro, le infermiere. E qui va aperta una piccola parentesi: ve li ricordate gli Angeli del Covid? Durante la prima ondata, quando i dispositivi di protezione erano contati e i vaccini lontani mille miglia, tanti cuori si erano commossi per loro, infermiere, medici, e operatori della Protezione Civile che facevano l’impossibile per salvare disperati d’ogni sorta. Ve le ricordate le lodi smisurate, le foto drammatiche, le interviste commoventi? Beh, anche se molti se ne sono dimenticati, gli Angeli silenziosi (non hanno voce in capitolo, loro) ci sono ancora, soprattutto le infermiere e uso il femminile non per cavalleria, ma perché la maggioranza sono donne. Chiudo parentesi, ma sono loro, anche stavolta, le solite infermiere, a fare tutto. Mi accudiscono (non trovo altro verbo) come mamme, anzi mammine perché sono giovani neo-assunte, molto carine e (beate loro!) entusiaste, malgrado l’emergenza. Mi mostrano, mi spiegano, mi ripetono, mi sorridono, mi porgono questo dispositivo e anche quello e poi fanno il riepilogo e alla fine la verifica. Tant’è, non riesco a evitare l’inevitabile cappella, ma loro, come se niente fosse, con una pazienza che spero non perdano mai nella vita, pronte a rimediare e di nuovo a sorridere (il sorriso in ospedale - lo dico per chi non lo sapesse – è un lenitivo impareggiabile, per quanto il contratto non lo preveda). Alla fine faccio il palombaro bravo e finisco quello che devo finire. E loro di nuovo lì a prendersi cura – si capisce che adoro questa espressione un po’ metafisica? - persino di me, non solo dei ricoverati. Sono quasi le 21.00, la Collega del cambio di guardia (un po’ preoccupata per il ritardo) mi ha già sollecitato due volte il passaggio delle consegne, mi ritrovo a camminare nei viali dell’ospedale, ripensando all’accaduto. Sulla faccia mi compare, come se niente fosse, una strana espressione. Non avendo uno specchio in mano non posso giurarlo, ma credo sia – finalmente - un sorriso.