LA META’ PIENA di Atticus
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil LA META’ PIENA di Atticus

LA META’ PIENA di Atticus

VISIONI

Volendo riassumere, allora, gli schieramenti in campo, nella vita, sono principalmente due: da una parte quelli che vivono di aspettative, stando prevalentemente con le mani in mano, qui soprannominati “spettatori”; dall’altra quelli che le mani in tasca proprio non sanno tenerle e si danno da fare in mille modi diversi, da noi per comodità etichettati come “fautori”. E’ una classificazione come un’altra e molto ci sarebbe da dire. Una cosa, però, va detta subito: i fautori non sono tutti uguali. Ci sono quelli - come tra i volontari, in generale - che si danno da fare tanto e quelli che preferiscono (per mille buone ragioni) fare di meno. Quelli che agiscono pensando poco e quelli che nel fare pensano tanto. Una sottoclasse di persone speciali (inguaribili romantici, a volte) è costituita, invece, da coloro che non stanno mai fermi facendosi guidare da aspettative eccessive o fuorvianti. Si tratta dei “fautori- visionari”, un gruppo sui generis i cui protagonisti sono guidati da convinzioni irrealistiche o velleitarie, magari anche nobili, ma spesso pericolose:   costoro le mani le agitano tanto, a volte le menano pure (se a loro sembra giusto), col rischio di ricevere pari trattamento e anche peggio. Un moderno campione di questo sparuto gruppo è stato ricordato nei giorni scorsi: cinquant’anni fa, in un remoto canalone della Bolivia dimenticato da Dio, veniva acciuffato e poi sommariamente giustiziato il medico argentino di 39 anni  Ernesto Guevara, detto il Che. I giornali hanno dedicato molta retorica a quest’uomo generoso e intransigente, Due mogli, cinque figli, appassionato di scacchi, di sigari e di rugby (che praticò entrambi malgrado l’asma lo affliggesse, senza piegarlo mai), di poesia e della vita avventurosa, da giovane sempre in contrasto coi militanti comunisti giudicati settari e poco flessibili, da grande, invece, guerrigliero e ministro influente del regime cubano di Fidel Castro.   Dopo una vita stracolma di gesti più o meno memorabili, decide di lasciare la sua isola ormai filosovietica per esportare la rivoluzione popolare nel Terzo Mondo umiliato dall’imperialismo. Progetta insurrezioni qua e là con impazienza e senza successo finchè sceglie di liberare con una manciata di uomini – come Pisacane il nostro Sud - la Bolivia verso la quale anche lui nutre aspettative tanto grandi quanto sbagliate: l’esercito che immagina sguarnito è ora spalleggiato dalle truppe speciali americane, i comunisti locali e non  che dovrebbero aiutarlo si girano dall’altra parte, i contadini che dovrebbero ribellarsi sono impreparati a seguire (come si aspetta lui) le avanguardie cubane. Risultato finale? Coperto di stracci, penosamente lurido e affamato viene ucciso dalla mano tremante di un sergente che nemmeno lo conosce e il suo cadavere è ricomposto da infermiere all’oscuro della sua vita e dei suoi sogni. In compenso le sue foto (quelle di prima) sono tra le più famose  e i gadget inneggianti al suo nome, al popolo e alla vittoria inevitabile, stanno addosso ovunque a ragazzi che di aspettative ne hanno pochissime e di futuro – specie quando le mani si muovono poco o male - anche meno.