PER UNA MEDICINA "LENTA"

Se crediamo che la lentezza sia sinonimo di inefficienza, rigidità e pigrizia (come viene facile pensare guardando alla giustizia, alla burocrazia o alla politica nel nostro Paese) siamo già fuori strada. L’idea di una medicina “lenta”, cioè di una “Slow Medicine”, è nata avendo riferimenti del tutto diversi, anzi esattamente opposti. Facendo tesoro di un ricco bagaglio di riflessioni, ricerche ed esperienze in ambiti diversi della salute (prevenzione, promozione della salute, assistenza basata sulle evidenze, comunicazione, cure palliative ecc.) il movimento è stato fondato ufficialmente a Torino nel 2010 e si è presentato a livello nazionale l’anno successivo in un Convegno che ha richiamato l’attenzione di tutti i mass media. Nella mente dei fondatori l'uso della parola slow non è casuale: volutamente ed esplicitamente rimanda al movimento Slow Food e alla sua pacifica rivoluzione per un cibo buono, pulito e giusto. Per Slow Medicine c’è un rapporto stretto – contrariamente a quanto si pensa - fra cure di buona qualità e la loro sostenibilità economica ed ambientale. Per questo le parole chiave che sintetizzano l’ambizioso progetto non possono che essere: sobria, rispettosa e giusta. Su queste parole chiave si muovono i progetti, le iniziative, le proposte su cui Slow Medicine intende coinvolgere professionisti, manager, cittadini, associazioni ecc. Siamo immersi in un mondo zeppo di aspettative irrealistiche, di consumismo di tecnologia e farmaci quasi fuori controllo, di informazione frettolosa e superficiale, di interessi economici smisurati e pericolosi. Occorre ripensare la cultura della salute e la qualità delle relazioni tra operatori e cittadini con competenza, condivisione, etica della cura. Slow Medicine – ha scritto qualcuno - è fermarsi a pensare e fare della riflessione clinica il valore della professione e la garanzia per risultati onesti e possibili. Inutile dire che anche il CoL, nel suo piccolo, è slow. Geneticamente. Quotidianamente.