Com’è che si vincono tutte ste medaglie? Non c’erano, oltre alla pandemia, anche il clima impazzito, l’economia allo sbando e il mondo cattivo contro di noi? Sì c’era anche tutto questo, ma non c’erano, tra i nostri atleti, il vittimismo, la disistima e il rancore, cioè tutti quegli ingredienti tossici che frenano ovunque il fiato, i muscoli e i sogni. C’era la testa, invece. Perché è con quella – ormai si sa – che si vince, innanzi tutto. Poi servono fatica, metodo, umiltà e, come scrive Gulliver, la famiglia, la comunità: Dio sa quanto sono importanti! Mentre altri preferiscono lagnarsi e per consolarsi si fanno aperitivi variopinti, cene multicaloriche, divertimenti fumosi poveri d fantasia, quelli che vincono medaglie fanno diverso. Devono contare magari gli spaghetti e le polpette nel piatto e anche la birra nel bicchiere, ma a contare davvero per loro sono i chilometri, i tempi, i riti della fatica e del silenzio, anche d’inverno, magari nella nebbia. Vogliono qualcosa e vivono per quella. Guardi le loro foto, leggi le loro storie (a volte incredibili) e capisci che a questi ragazzi il dolore, gli infortuni, le malattie, i sacrifici gli fanno un baffo, anzi no, gli danno forza. E però danno forza anche a noi, in qualche modo, perché danno soprattutto qualcosa che, nel nostro piccolo, alla faccia della retorica, possiamo imparare: l’esempio.