LA METÀ PIENA di Atticus
diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil

CoL Centro oncologico Ligure diagnosi precoce dei tumori, assistenza sanitaria, assistenza psicologica ai malati oncologici e ai loro famil LA METÀ PIENA di Atticus

LA METÀ PIENA di Atticus

COM’É PROFONDO IL MARE

E’ sabato pomeriggio. Dalla Medicina chiama il Collega per dire che nel suo reparto – tutto convertito a Covid - entreranno due pazienti dal Pronto Soccorso con polmonite CoV-2 positiva. Grazie per l’informazione, dico, ma perché lo dici a me? Perché sei il medico di guardia, dice lui e, smontando io, tocca a te accettarli. Grazie due volte, aggiungo, ma perchè ca…ppero (proprio cappero ho detto, se la memoria non mi tradisce) proprio a me – che fino a un minuto fa ero solo un oncologo dedicato a malati non Covid – nessuno dalle Alte Sfere ha detto un fico secco? Non sarebbe stato opportuno per motivi diversi, in primis la sicurezza, darmi due, o magari tre, istruzioni d’antipasto? Allo scopo di chiarire e capire inizia – come potete immaginare - una serie febbrile di telefonate con chi di dovere, ma non vale la pena riferirle per la pochezza della comunicazione intercorsa su doveri e simili. La parte interessante, invece, viene dopo. Come preannunciato, alla fine i due pazienti vengono trasferiti e tocca a me visitarli per confermare o meno la terapia. A questo punto, come raggiungere il reparto infetto e gestire in sicurezza gli obblighi di assistenza? Visto che dai soliti Piani Alti il silenzio è assordante sarà meglio – dico fra me e me – bussare a quelli Bassi, cioè al reparto incriminato. Al telefono risponde una giovane infermiera che mi spiega per filo e per segno il da farsi: da quale ingresso secondario entrare (non il principale, mi raccomando!), come evitare senza DPI le zone infette, come raggiungere il locale per la vestizione e indossare poi i dispositivi necessari. Seguo le istruzioni, ho dei dubbi, la richiamo, alla fine mi viene incontro lei – piccola e rotondetta - vestita come un buffo palombaro e mi traveste allo stesso modo, come fa una mamma giudiziosa nella profondità del mare. L’acqua è alta qui, ma nuotano tutti bene.  E di fatto le cose si svolgono ordinatamente e efficacemente: l’ossigeno corre veloce, com’è giusto, e i pazienti entrati sono ormai stabilizzati grazie a Dio, ma soprattutto grazie - mi perdoni l’Altissimo - al Personale del Pronto Soccorso che tra mille assalti ha già fatto la diagnosi e impostato la cura. Così le mie incombenze non si discostano dalla normale routine, anche in ambiente Covid. Scrivo in cartella il necessario e saluto la piccola insegnante ringraziandola per l’aiuto prezioso (in quanti ancora riusciamo a dire loro un semplice grazie?). Faccio per uscire, ma prima - per pura leggerezza - chiedo “Scusi tanto, ma lei per caso fa il tifo per quella squadra genovese che attualmente si trova giù giù in classifica?” Certo, mi fa lei, con gli occhietti orgogliosi. Col pollice ci scambiamo, buffi entrambi, un ok. Sarà per questo – per creature così – che anche in fondo al mare si può stare a proprio agio? E non c’è Covid che tenga o trattenga?